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Immagine del redattoreGiada Rapelli

Questioni di cuore: Quando il partner si ammala



Non trovate che i porcospini siano degli animaletti davvero simpatici? Cosa possiamo imparare da loro? Ci risponde il filosofo tedesco Schopenhauer che affrontò il cosiddetto “dilemma del porcospino”. Per parafrasare la sua storia, Schopenhauer ha scritto di una notte d’inverno in cui un gruppo di porcospini cominciò a sentire freddo, nel tentativo di riscaldarsi gli animaletti cominciarono a stringersi vicino, per proteggersi, col calore reciproco. Ben presto però, sentirono le spine reciproche, il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Una delle cose che questi animaletti possono insegnarci perciò è che le relazioni sono un complicato equilibrio tra vicinanza e distanza. Se questo vale per le relazioni quotidiane di qualsiasi natura esse siano (per esempio amicali o tra colleghi…), pensate quanto il tema possa essere in gioco quando in una coppia un partner si ammala, per la portata emotiva dell’evento e per le richieste sconosciute alle quali si espone. Non siamo completamente indipendenti, abbiamo bisogno dell’altro per sopravvivere, soprattutto in situazioni di vita stressanti come può essere la diagnosi di una malattia.

La malattia innesca nella coppia un periodo di transizione nel quale trovare nuove e più adeguate modalità di funzionamento, attraverso una ridefinizione dei confini e delle relazioni, una nuova ridistribuzione dei ruoli e dei compiti.

Molti studi hanno chiarito che la presenza di un partner con cui condividere pensieri, aspettative, e preoccupazioni a seguito di una malattia cardiaca, possa essere benefica per la salute fisica e mentale del malato, diminuendo anche il rischio di ricadute e il tasso di mortalità! Il nostro studio arriva però a precisare che non è tanto la sola presenza fisica del partner a fare la differenza, bensì la qualità e l’adeguatezza del supporto fornito. Capita infatti, proprio perché il partner che cura, il cosiddetto “caregiver”, si trova in una situazione nuova e talvolta onerosa, di essere incerti e non sapere come essere realmente supportivi. Le modalità di supporto del partner possono essere varie, possiamo riconoscere tra quelle meno adeguate, poiché gli effetti negativi sulla salute psicofisica del paziente sono stati confermati dalle ricerche:

  • l’essere eccessivamente iperprotettivi sottostimando le capacità autonome del paziente, e fornendo aiuto non necessario e superfluo mettendo il paziente “sotto una campana di vetro per il suo bene”. Questa modalità che può essere usata dal coniuge per accelerare i tempi piuttosto che aspettare che il paziente faccia da sé, per salvaguardare il paziente da possibili rischi e per la sua sicurezza, o ancora per sedare le proprie ansie e preoccupazioni (o anche il proprio bisogno di controllo) può generare, come è emerso dalle nostre analisi, sintomi depressivi nel paziente, perché può aumentare nel malato la percezione di essere malato ed erodere il suo senso di autoefficacia e autostima;

  • avere un atteggiamento ostile per esempio banalizzando i sintomi e le preoccupazioni del paziente con critica, biasimo e freddezza, forse per far fronte alla propria quota di risentimento per il carico e gli oneri della cura, può avere delle conseguenze avverse per la salute psico-fisica del paziente perché induce sintomi ansioso-depressivi.

  • Un partner capace di fornire vicinanza, comprensione, empatia senza sostituirsi al malato, ma lasciando che sperimenti le sue capacità in autonomia, anche in un momento di stress come la malattia cardiaca, ha invece effetti benefici e protegge dall’esperire disturbi dell’umore.

Uno studio (Rapelli et al., 2020) ha chiarito inoltre che anche chi si prende cura del malato presenta una salute psico-fisica precaria, con alti punteggi di ansia e depressione, e questo a riprova del fatto che la malattia è qualcosa di relazionale che va oltre il mero soggetto malato. Come i porcospini si trovano a sperimentare la giusta distanza per farsi calore, senza farsi male, occorre accompagnare i partner durante la malattia, perché le reazioni possono essere le più diverse, si possono prendere le distanze e fingere che tutto sia uguale a prima o all’opposto si possono perdere i confini (e le sicurezze) individuali, e fagocitare l’altro in un rapporto invischiante. Ma c’è una buona notizia! Esiste anche un supporto benefico (oppure si può migliorare il proprio modo di essere caregiver)! È quindi importante accompagnare le coppie lungo tutta questa transizione di vita, perché dall’affetto reciproco si possa produrre qualcosa di generativo anche nei contesti di malattia per il benessere individuale e della coppia.


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